L’influenza delle distorsioni cognitive sui Team di lavoro.
In questo articolo il team di K.rea continua l’esplorazione degli “scherzetti” che può farci la nostra mente sotto forma di errori cognitivi che possono avere un’influenza negativa sulla nostra vita, anche a livello professionale.
Scopriremo la genesi di questi errori, comunemente definiti distorsioni cognitive, e come riconoscerli. Soprattutto vedremo come influenzano un settore delicato come quello dell’HR: le realtà lavorative sono costituite da persone un “materiale” abbastanza delicato, da maneggiare con cura. Le distorsioni cognitive hanno invece spesso l’effetto di un elefante in una cristalleria ed è per questo che invitiamo in modo particolare manager ed HR ad approfondire insieme a noi questa tematica.
Ecco i punti che approfondiamo insieme a voi in questo articolo:
Pillole di neuroscienza
La genesi delle distorsioni cognitive
Come riconoscere una distorsione cognitiva
Dal recruiting ai team di lavoro: l’influenza delle distorsioni cognitive nel mondo HR
Counseling e pratiche di consapevolezza: come contrastare l’effetto delle distorsioni cognitive
1. Pillole di neuroscienza.
Negli ultimi anni si sente parlare sempre più spesso di neuroscienze. Il termine deriva dall'inglese neurosciences, un neologismo coniato nel 1962 circa dal neurofisiologo americano Francis O. Schmitt, il quale ebbe l’intuizione che, per una piena comprensione di come funziona il nostro sistema cerebrale, era necessario abbandonare gli studi a compartimenti stagni e integrare le diverse discipline scientifiche che si occupavano di questa tematica, unendone le risorse e gli sforzi.
Le neuroscienze sono oggi per definizione interdisciplinari con contributi che comprendono, tra le altre, matematica, fisica, chimica, nanotecnologie, ingegneria, informatica, psicologia, medicina, biologia, filosofia.
Il neurologo, psichiatra e neuroscienziato austriaco Eric Richard Kandel, premio Nobel per la medicina nel 2000 per gli studi sulle basi fisiologiche della conservazione della memoria dei neuroni, definisce le neuroscienze come la disciplina in grado di spiegare il comportamento in termini di attività del cervello. Come può il cervello dirigere i suoi milioni di singole cellule nervose per produrre un comportamento, e come possono essere queste cellule influenzate dall'ambiente? L'ultima frontiera della scienza della mente, la sua ultima sfida, è capire le basi biologiche della coscienza, ed i processi mentali attraverso cui noi percepiamo, agiamo, impariamo e ricordiamo.
In sostanza le neuroscienze consistono in un insieme di studi interdisciplinari e scientificamente condotti sul sistema nervoso per spiegarci come funziona.
Perché parlare di neuroscienze su un blog che tratta di benessere nelle realtà lavorative?
Perché la ricerca di benessere da parte delle organizzazioni è spesso legata al desiderio di diminuire lo stress e le pressioni che circolano a tutti i livelli ed eliminare quelle situazioni che impediscono di lavorare in maniera efficace ed efficiente, coltivando relazioni proficue con gli stakeholder.
Ecco, queste “situazioni” sono in larga parte dovute a quelli che vengono chiamati errori o distorsioni cognitive di cui fanno parte i bias cognitivi di cui abbiamo trattato sia qui sul blog che all’interno della nostra pagina Linkedin. Le neuroscienze, tramite un approccio, appunto, scientifico spiegano non solo quali sono i meccanismi che favoriscono queste distorsioni, ma ci supportano anche nel prendere consapevolezza delle conseguenze che possono avere sulle nostre azioni e sulle nostre relazioni, anche in ambito lavorativo, consentendoci in questo modo di cercare soluzioni o quantomeno di provare a modificare il nostro atteggiamento in modo maggiormente costruttivo.
2. La genesi delle distorsioni cognitive.
Abbiamo detto che le neuroscienze, attraverso studi interdisciplinari, ci spiegano in sostanza come funziona il nostro cervello e come nascono quegli “errori di pensiero” che vanno sotto il nome generico di errori o distorsioni cognitive che altro non sono che modalità disfunzionali di interpretare le esperienze vissute o che si stanno vivendo.
Per capire come si generano questi errori partiamo dagli studi del premio Nobel Daniel Kahneman il quale ci spiega che la nostra mente funziona grazie a due sistemi:
Il sistema 1 o sistema veloce opera in fretta e automaticamente, con poco sforzo o nessun sforzo e nessun senso di controllo volontario.
Il sistema 2 o sistema lento indirizza l’attenzione verso le attività mentali impegnative che richiedono focalizzazione, come i calcoli o decisioni complesse.
Ora, forse vi sorprenderà scoprire che sulle nostre decisioni agisce principalmente (per ben il 95%!) il sistema 1.
Perché questa grande differenza?
Dovete sapere che il cervello è la parte del corpo che in assoluto consuma più energia: anche se ha solo una massa del 2% rispetto a tutto il resto del corpo, spende più del 20% del nostro fabbisogno energetico, anche perché non dorme mai!
Il fatto di utilizzare un sistema che richiede poco sforzo perché lavora prettamente in modalità automatica, è il modo che il nostro sistema ha trovato per risparmiare un pò di energia. Pensate a quando siete in palestra alle prese con un esercizio di pesistica: fate maggior sforzo compiendo movimenti veloci o lenti?
Di fatto, il cervello tenta delle scorciatoie per alleggerire il proprio incessante lavoro e farci risparmiare un pochetto di energia e se questo è encomiabile, purtroppo ci porta anche spesso a comportarci secondo pregiudizi e schemi fissi che non ci agevolano certo la vita: se da un lato, infatti, queste scorciatoie risultano funzionali per alcune situazioni, anzi, ci aiutano a trovare soluzioni, compromessi e gestire le emozioni negative, dall’altro contribuiscono al mantenimento di convinzioni negative che vengono, appunto, definiti errori o distorsioni cognitive.
3. Come riconoscere una distorsione cognitiva.
Abbiamo dunque compreso la genesi delle distorsioni cognitive che nascono in sostanza dal bisogno del nostro cervello di limitare gli sforzi per non andare in riserva d’energia.
Ma come riconoscere una distorsione cognitiva senza scambiarla per un innocuo automatismo come quello che ci permette, ad esempio, di guidare e contemporaneamente controllare lo specchietto retrovisore senza particolari complicazioni e conseguenze?
In comune hanno il fatto che non ci accorgiamo di metterli in atto, ma, a differenza di questi ultimi, le distorsioni cognitive:
sono rigide e inflessibili;
generano sofferenza;
allontanano la persona che le utilizza dai propri scopi.
In un nostro precedente articolo abbiamo già descritto cosa sono e come funzionano i bias cognitivi. Altre tipologie di distorsioni cognitive molto diffuse sono:
Iper-generalizzazione: è la tendenza a trarre conclusione generali da un singolo evento o una singola situazione, fare “di tutta l’erba un fascio”
Pensiero dicotomico: è la tendenza a valutare un evento come o totalmente negativo o totalmente positivo, senza sfumature o vie di mezzo
Etichettare: ragionare per stereotipi applicando su se stessi, sugli altri o su certe situazioni delle etichette
Doverizzarsi: stili di pensiero nei quali compaiono le parole “devo” o “dovrei”, caratterizzandosi quindi come regole assolute che, se non rispettate, comportano emozioni negative come il senso di colpa
Personalizzare: tendenza a percepirci, in assenza di prove valide, come causa di ciò che ci succede intorno, portandoci a sentirci responsabili di quanto accade.
4. Dal recruiting ai team di lavoro: l’influenza delle distorsioni cognitive nel mondo HR.
Le neuroscienze, dunque, hanno dimostrato come le nostre decisioni e azioni siano spesso influenzate da “scorciatoie di pensiero” che il nostro sistema adotta per giungere a una conclusione nel minor tempo possibile e senza un eccessivo sforzo dal punto di vista cognitivo. Questi meccanismi possono essere molto utili anche nella vita quotidiana, tuttavia spesso sono guidati da percezioni distorte, pregiudizi e/o stereotipi che ci inducono in errore.
Questo vale anche nella gestione delle risorse umane all’interno di una realtà lavorativa, già a partire dal processo di selezione del personale, momento fondamentale per qualsiasi impresa.
I rischi che, a causa di distorsioni cognitive, un* recruiter perda la propria obiettività e scelga sulla scorta di giudizi e stereotipi sono diversi e gravidi di conseguenze.
Per esempio potrebbe farsi influenzare da pregiudizi come quelli legati all’origine etnica oppure al genere, essere vittima del cosiddetto “effetto primacy” ovvero farsi condizionare dalla prima impressione sul candidat* o ancora agire sulla base dell' ”effetto framing”, un bias cognitivo che porta a porre le domande al candidat* in base alla connotazione positiva o negativa delle proprie convinzioni, nell’illusione di avere già a disposizione il quadro completo della situazione. Tutte “trappole” che potrebbero compromettere l’operato del/della recruiter in una fase delicata nella vita dell’organizzazione.
Un’altra fase delicata è certamente la creazione e/o gestione dei team di lavoro e in generale delle relazioni con gli stakeholder. Anche in questo caso le distorsioni cognitive potrebbero giocare un ruolo negativo che porta a compromettere efficacia ed efficienza organizzativa. Alcuni esempi:
Il bias di conferma potrebbe portare diversi componenti del team ad ignorare alcune importanti lacune in un progetto, rendendosi incapaci di guardare a esso con la lucidità e il distacco necessari
L’effetto bandwagon (o effetto carrozzone), che porta ad assecondare le decisioni della massa, ritenendo l’opinione dei più come naturalmente più logica, potrebbe portare a sacrificare l’originalità e l’autonomia di pensiero in favore dell’equilibrio delle dinamiche di gruppo, portando a situazioni di stallo e frustrazione.
L’effetto alone potrebbe portare a considerare i membri del team con maggiore esperienza e anzianità di servizio come “detentori della verità assoluta” impedendo a nuovi membri e a nuove idee e prospettive di emergere
Insomma, anche nella gestione delle risorse umane (ma più in generale degli stakeholder) all’interno di una realtà lavorativa, è necessario essere consapevoli dei nostri meccanismi di azione, per evitare che portino a perdite in termini di efficienza, produttività, reputazione, ma anche di denaro ed energie.
5. Counseling e pratiche di consapevolezza: come contrastare l’effetto delle distorsioni cognitive.
Sul nostro blog e sulla nostra pagina Linkedin abbiamo dato ampio spazio agli effetti delle distorsioni e dei bias cognitivi e in questo articolo abbiamo voluto approfondire come essi possano influire in un ambito delicato come le relazioni fra le persone all’interno di un’organizzazione lavorativa.
La domanda è sempre quella: come mitigare i danni che le distorsioni cognitive possono creare?
La nostra risposta è sempre la stessa: innanzitutto prendendone consapevolezza.
Come? Sicuramente attraverso la meditazione, magari guidata da una voce esperta come quella della nostra fondatrice Darshana Elena Scola (a proposito, date un’occhiata al suo canale Youtube), protagonista anche delle nostre Pillole Meditative che potete sempre richiederci e che siamo sempre felici di condividere.
Oppure attraverso semplici pratiche quotidiane di consapevolezza come quella suggerita in uno degli ultimi articoli sulla nostra pagina Linkedin.
Tuttavia c’è un’altro strumento prezioso che vogliamo suggerirvi per lavorare sulla vostra consapevolezza: il counseling.
Il counselor è un professionista della relazione di aiuto che può operare anche a supporto delle organizzazioni lavorative mirando sia al benessere dei singoli componenti del Team che a quello dell’organizzazione nella sua interezza, aiutando in particolare a riconoscere le criticità, scoprire le risorse, gestire le relazioni, sviluppare una comunicazione più efficace.
Vi aspettiamo prossimamente sulle pagine del blog per approfondire questo argomento, nel frattempo, se vi abbiamo incuriosito, non esitate a contattarci per scoprire i nostri servizi di counseling a supporto delle realtà lavorative.
Se ti è piaciuto il nostro articolo, faccelo sapere!
Il nostro team è a tua disposizione per supportarti nel trovare la strategia e il piano più adatto per rinnovare il benessere all’interno della tua organizzazione.