Il Counseling Organizzativo
In Italia, l’80% di lavoratori e lavoratrici ha sperimentato almeno un sintomo correlato al burnout; 1 under 34 su 2 ha lasciato il proprio lavoro per motivi di malessere emotivo; 7 persone su 10 scelgono l’azienda anche sulla base dell’attenzione al benessere dei collaboratori. Questi dati riferiti ad un’indagine BVA Doxa del 2021 mettono nero su bianco e in qualche modo rendono tangibile una realtà che è sempre più sotto gli occhi di tutti: specialmente dopo il periodo pandemico, le persone dedicano maggiore attenzione al proprio benessere fisico, mentale e perfino emotivo ritenendo sia la chiave per una vita più serena, piena e appagante. E siccome trascorriamo moltissimo tempo lavorando, ci si aspetta che le organizzazioni lavorative prendano a cuore anche questo aspetto attraverso percorsi e strumenti che valorizzino la persona in quanto tale e non solo come “forza lavoro”.
Il Team di K.rea Consulting è composto da counselor professioniste ed esperte ed è proprio al counseling, strumento prezioso di supporto al benessere della persona, che vogliamo dedicare il nuovo articolo del nostro blog.
Ecco i punti che approfondiamo insieme a voi in questo articolo:
Breve storia del counseling
Il counseling organizzativo
Benefici di un intervento di counseling all’interno di un’organizzazione lavorativa
Interventi di counseling organizzativo di K.rea Consulting
1. Breve storia del counseling
Innanzitutto di cosa parliamo, quando parliamo di counseling? Questa professione è relativamente poco conosciuta nel nostro Paese e solo recentemente (2013) è stata in qualche modo normata.
La parola “Counseling” deriva dal verbo inglese “to counsel” che risale a sua volta al latino “consulere”, voce verbale composta da “cum” e “solere”, ovvero “alzarsi insieme” e traducibile in “venire in aiuto”.
È usato per la prima volta con riferimento a “un’attività rivolta a problemi sociali o psicologici” nel 1908 dal riformatore sociale statunitense Frank Parson, autore del volume Choosing a vocation dedicato al tema del “career develop” (“sviluppo di carriera”), che oggi va molto di moda, ma all’epoca era una novità.
Agli inizi del Novecento, negli Stati Uniti, alcuni operatori sociali utilizzano la parola “Counseling” per indicare l’attività di orientamento professionale da essi svolta nei confronti dei soldati che rientrano dalla guerra e che necessitano di una ricollocazione nel mondo del lavoro.
Il successivo sviluppo del Counseling, negli Stati Uniti, avviene attraverso lo svolgimento di una serie di interventi professionali in ambiti diversi e determinati, dall’orientamento scolastico a quello professionale, dall’assistenza sociale a quella infermieristica.
Ma è con lo sviluppo della psicologia umanistico-esistenziale, e in particolare grazie al contributo degli psicologi statunitensi Carl Rogers (1902-1987) e Rollo May (1909-1994) che il Counseling comincia a configurarsi in senso moderno come relazione d’aiuto.
Nel 1951 la pubblicazione di Client-centered-Therapy di Carl Rogers apre la strada all’affermarsi della sua terapia centrata sul Cliente e segna ufficialmente la nascita del Counseling nel suo significato attuale. L’approccio rogersiano, centrato sulla persona, costituisce una vera e propria rivoluzione rispetto ai precedenti orientamenti psicoterapeutici, spostando l’attenzione dal problema all’individuo, dal superamento del sintomo alla risoluzione di problemi specifici in una considerazione positiva ed evolutiva della persona, capace grazie alle sue risorse interiori di procedere autonomamente verso la propria indipendenza e individualizzazione.
Verso la fine degli anni Cinquanta il Counseling arriva in Europa attraverso la Gran Bretagna e approda così anche nel nostro Paese dove alcune scuole di formazione in psicologia attivano corsi di formazione per professionisti che operano nell’ambito della relazione e che tuttavia non hanno ancora una definizione di competenza.
Negli anni Novanta, invece, sorgono le prime associazioni di Counseling che si propongono come obiettivo di promuovere la professione, definirne l’identità e regolamentarne l’esercizio.
La Legge 18 febbraio 1989 n.56 prevede che il Counseling, in quanto tecnica di intervento, sia esclusa dall’ambito della psicoterapia. La definizione di Counselor comincia dunque a essere utilizzata nell’ambito del lavoro.
Nel 2000 il CNEL – Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro – inserisce il Counseling tra le professioni non regolamentate e riporta nel IV Rapporto di monitoraggio sulle Associazioni rappresentative delle Professioni non regolamentate per la prima volta due associazioni di Counseling, l’AICo e la SICo. Nel corso del decennio ne nascono altre fra cui Siaf, attiva dal 2003, e AssoCounseling nel 2009.
Il percorso di regolamentazione della professione di Counseling, approda nel 2013 a una conquista storica con l’approvazione della Legge 14 gennaio 2013, n.4 recante Disposizioni in materia di professioni non organizzate che riconosce e disciplina le professioni non organizzate in ordini e collegi, fra cui quella di Counseling.
2. Il counseling organizzativo
In questa breve panoramica storica abbiamo visto come il counseling sia uno strumento incentrato sulla persona, i suoi bisogni, le sue risorse, le sue sensazioni.
Il counselor è semplicemente un tramite per mettere in contatto il cliente con sé stesso.
Come può dunque entrare all’interno di un’organizzazione lavorativa?
Nel punto precedente abbiamo detto che la parola “counseling” è utilizzata per la prima volta da Frank Parson, autore di un libro dedicato allo sviluppo di carriera e che una delle prime applicazioni di questo strumento fu una sorta di servizio di orientamento al lavoro per i soldati che rientravano dal fronte.
Possiamo quindi affermare che nel counseling c’è sempre stata, fin dalle origini, una spinta ad occuparsi dell’ambito lavorativo e ad accompagnare i lavoratori a “stare meglio” in questo ambiente.
Possiamo definire il counseling organizzativo come il trait-d’union fra cura della persona e “cura del business”, tanto è vero che nei Paesi Anglosassoni vengono utilizzati due termini distinti, anche se in un certo senso complementari:
counseling in organization ovvero sia un intervento sulla singola persona, ma attuato attraverso l’organizzazione
workplace counseling, ovvero un intervento di supporto diretto all’organizzazione che si concentra sulle problematiche legate all’attività e alle criticità che si riscontrano all’interno della società oggetto dell’intervento.
Il counselor che entra in una realtà lavorativa dovrà quindi essere in grado di mantenere una sorta di equilibrio fra richieste individuali e richieste societarie, fra supporto al singolo collaboratore che si trova in difficoltà, magari anche per problematiche personali, e supporto all’organizzazione in un percorso di cambiamento e di evoluzione. Di fatto il suo è un intervento di supporto mirato a specifiche situazioni critiche, individuali e/o organizzative, circoscritte nel tempo e fortemente focalizzate sul tempo presente.
Nell’attuale situazione di incertezza dovuta a diversi fattori socio-economici (pandemia, guerre, inflazione…) il counseling organizzativo sta però sempre più assumendo i connotati di un intervento a tutela della salute del lavoratore, affrontando problematiche legate allo stress, burn out, all’intelligenza emotiva, alla gestione dei conflitti e allo sviluppo di carriera.
Come per tutte le tipologie d’intervento, un progetto di counseling all’interno di una realtà lavorativa dipende molto dalle esigenze dell’organizzazione, ma anche dalle competenze e dalla formazione del counselor. Tuttavia, per essere strutturato in maniera seria ed efficace, dovrebbe prevedere almento queste fasi operative:
Valutazione e preparazione dell’intervento
Formalizzazione di tutti gli aspetti legati all’intervento
Avvio operativo
Condivisione e pubblicizzazione
Conclusione dell’intervento e feedback
Gli ambiti di intervento sono i più variegati, così come variegate possono essere, come si è già detto, le esigenze delle organizzazioni:
Gestione del cambiamento
Difficoltà relazionali
Sviluppo di carriera
Passaggio generazionale
Diversity e inclusion
Gestione dello stress
Emploing branding
Gestione del tempo
Leadership
Team building
Insomma il counseling organizzativo è uno strumento che approccia sia problematiche che si originano dalla persona, sia criticità che derivano dal rapporto tra organizzazione e persona, nonché provenienti dall'esterno di entrambe le entità.
E’ un intervento di sviluppo personale, di team e/o organizzativo volto al miglioramento delle condizioni lavorative e del benessere di tutti gli stakeholder.
3. Benefici di un intervento di counseling all’interno di un’organizzazione lavorativa
Nel paragrafo precedente abbiamo visto come il counseling è uno strumento di supporto e consulenza che affianca le organizzazioni nell’individuare e affrontare le criticità e migliorare il benessere nel contesto lavorativo.
Il fine ultimo è quello di facilitare lo sviluppo professionale sia a livello individuale che di organizzazione.
Ma in concreto quali possono essere i benefici di un intervento di counseling organizzativo?
Diciamo che le principali macro-aree su cui lavora questo strumento si possono raggruppare nei seguenti punti:
Clima organizzativo, ovvero la creazione di un ambiente di lavoro più stimolante, sereno e collaborativo che supporti e valorizzi i collaboratori
Leadership, ovvero l’affiancamento a manager e figure apicale per lo sviluppo di una leadership efficace ed empatica.
Gestione del cambiamento: che si tratti di un momento di crisi, di un mutamento organizzativo, di un passaggio generazionale, di un cambiamento di ruolo o dell’arrivo della pensione, il counselor può fornire supporto emotivo e pratico per affrontare le sfide che un periodo di transizione porta con sé.
Sviluppo delle competenze: il counselor incoraggia la persona innanzitutto a contattare i propri bisogni e ad esprimerli e in secondo luogo a individuare le proprie risorse, punti di forza e aree di miglioramento per identificare obiettivi di sviluppo professionale e creare piani d’azione per raggiungerli.
Benessere organizzativo: la promozione del life-work balance è sempre più centrale nelle organizzazioni lavorative. Un intervento di counseling, sia a livello micro, sia a livello macro, può offrire strumenti pratici e supporto emotivo per raggiungere il benessere organizzativo.
Miglioramento delle performance: come abbiamo detto il counseling organizzativo valorizza le risorse, migliora le relazioni, stimola lo sviluppo personale e professionale, crea un clima aziendale sereno. Tutti fattori che contribuiscono a creare un terreno favorevole al miglioramento delle performance e delle attività dell’organizzazione.
Insomma un intervento di counseling può sostenere un’organizzazione a 360° con diversi e concreti vantaggi:
Maggior consapevolezza del proprio ruolo e della realtà lavorativa in cui si opera
Sviluppo delle competenze
Miglioramento della comunicazione e delle relazioni
Maggior capacità di gestione dei conflitti e delle criticità
Minor resistenza al cambiamento
Incremento dell’autostima e dell’efficacia lavorativa
Maggior benessere organizzativo e creazione di un clima di fiducia
4. Interventi di counseling organizzativo di K.rea Consulting
Dopo aver visto insieme in cosa consiste il counseling organizzativo, le sue aree di intervento e i vantaggi di un intervento all’interno della propria realtà lavorativa, vi starete forse domandando:
quindi K.rea Consulting cosa può offrire alla mia organizzazione?
Ve lo diciamo subito! Il nostro team di counselor professioniste vi può supportare attraverso:
attivazione di sportelli di counseling individuale
percorsi di career counseling e life coaching in presenza e online
interventi volti a favorire il benessere organizzativo, quali ad esempio meditazione
sessioni di counseling di gruppo
accompagnamento allo sviluppo dell’intelligenza emotiva
seminari e sessioni individuali per la gestione dello stress
supporto nel passaggio generazionale, pensionamento, cambiamenti organizzativi
E molto altro ancora!
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